Primavera

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rotolo lungo delle quattro stagioni 1 (ingrandimento)

rotolo 2

rotolo lungo delle quattro stagioni 2 (ingrandimento)

Secondo l’antico calendario giapponese l’inizio della primavera era decisamente anticipato rispetto al nostro modo di suddividere l’anno: invece che a metà marzo era collocato all’inizio di febbraio[1], quando l’inverno inizia a trasformarsi grazie alla forza vitale che riaffiora piano; alcuni simboli caratteristici di questo momento sono lo spuntare dell’erba nuova, la nebbia ed il fiore di susino, che è il primo a farsi vedere quando ancora residui di neve imbiancano qua e là il paesaggio. La primavera poi prosegue fino ad aprile, e da marzo in poi assistiamo agli altri avvenimenti topici di questa stagione, cioè la fioritura di molte piante, tra cui quella in particolare di alberi da frutto come pesco e ciliegio è uno spettacolo meraviglioso che tutti i giapponesi ancora oggi vivono con grande emozione. A differenza dell’arte occidentale, che considera questo periodo dell’anno la stagione dell’amore e la descrive con colori sgargianti, copiosità di vegetazione ed esplosione della fertilità della natura, la sensibilità orientale vede la primavera nei piccoli segni di vita, nella delicatezza di un singolo fiore: allo stesso modo, che si tratti di primavera, estate, autunno o inverno all’interno delle loro opere d’arte, basta un solo accenno per far comprendere ad un occhio attento in quale stagione ci troviamo e suscitare nell’animo tutta una serie di sensazioni ad essa legate; Sesshu decise di caratterizzare la sua primavera con motivi molto poco evidenti, tanto che perfino un giapponese[2] stenta a riconoscerli. Una linea a metà del foglio, un gruppo di tre alberi contorti in secondo piano, la nebbia sullo sfondo ed in primo piano l’inizio di un sentiero in salita, con due figure che lo percorrono: questo è l’inizio del rotolo, che corrisponde anche al principio della primavera.

primavera, particolare 1

Oltre alla nebbia e a leggeri tocchi di verde sulle foglie degli alberi, un elemento che ci rimanda all’inizio della bella stagione è costituito proprio dalle due figure in viaggio: si tratta di un servitore, che porta in spalla due grandi bagagli con l’ausilio di un’asta, e del suo padrone, che davanti a lui procede con le mani dietro la schiena. Questo gruppo è tipico delle pitture di paesaggio ed in questo caso si chiama “visita all’amico”; chi lo vede infatti, capisce subito dal volume di bagagli che i due stanno andando a trovare qualcuno in un edificio che ci si aspetta che compaia più avanti. Sicuramente, nel XV sec., era possibile intraprendere un viaggio, a piedi, per recarsi dagli amici lontani a fare gli auguri per il nuovo anno[3], solo quando il rigore dell’inverno iniziava a concedere giornate più serene, quindi agli occhi dei contemporanei di Sesshu questo poteva essere un indizio del fatto che la stagione raffigurata fosse la primavera. Per gli adepti Zen questi personaggi, come gli altri che incontreremo poco più avanti, di certo rappresentano un’eco delle parole che uno dei più grandi maestri Chan cinesi, Yun Men, utilizzò per descrivere la libertà assoluta[4]: quando gli fu chiesto “che accade quando viene la primavera?” egli rispose “con un bastone in spalla, vagabondiamo per i campi, ad Oriente ed Occidente, a nord o a sud, battendo con cuore contento i vecchi sterpi” Per le persone colte che vissero all’epoca di Sesshu, la figura del viaggiatore, nei panni di letterato, alto funzionario o monaco costituiva inoltre un’idealizzazione di sé in cui riuscivano ad identificarsi immediatamente: questo è uno degli espedienti tipici della pittura di paesaggio per rendere abitabile l’ambiente che si raffigura e far sì che gli spettatori riescano ad immedesimarsi, a viaggiare al suo interno. Il servitore procede curvo sotto il peso dei bagagli ed appare distante dal padrone, non solo per via dello spazio che li separa ma anche per la presenza di una strana roccia triangolare che li divide; il letterato procede lievemente curvo a causa della salita, e pur non possedendo alcuna espressione, ci appare assorto e concentrato sulla strada che percorre: il cammino che lo attende simboleggia un’ascensione spirituale, la difficoltà del tragitto è la fatica necessaria per conseguire l’illuminazione. Prima di proseguire lungo il sentiero vorrei tornare al gruppo iniziale dei tre alberi, che merita sicuramente un attimo di attenzione, dal momento che è un esempio del grande talento tecnico di questo artista. Lo sfondo di nebbia sottolinea e rende drammatici gli alberi, l’ultimo (in profondità) dei quali, protendendosi verso sinistra, completa una diagonale formata dalle tre chiome che proietta il nostro occhio in quella direzione, invitandoci a continuare il viaggio; “Pur rimanendo indissolubile dal gruppo di cui fa parte, ognuno dei tre alberi è caratterizzato. Le foglie del primo sono punti allungati che terminano con una punta discendente che crea l’impressione di caduta; l’albero al centro domina con macchie ampie di fogliame che formano degli archi attorno ai rami principali; il terzo albero è tutto sporto a sinistra ed ha entrambi i tipi di foglie degli altri due, i rami più lontani sono investiti dalla nebbia e anche se l’inchiostro nero sfuma verso il grigio ed il verde è meno intenso, si riescono a distinguere le loro caratteristiche. Anche la conformazione del terreno aiuta lo schema, e questo metodo per coinvolgere lo spettatore è caratteristico di Sesshu.”[5]. Proseguendo il viaggio lungo il sentiero a sinistra si sale su una montagna costituita da strane rocce irreali, aspre, appuntite e sfaccettate; la strada, che si trova sulla sommità di questa massa rocciosa è affiancata di quando in quando da alberi che sono tenacemente cresciuti storti e rachitici a causa della mancanza di terra. Come ha notato John Carter Covell[6], il gruppo di alberi iniziale e questa montagna hanno la stessa forma, più stretta alla base ed allargata in cima, solo che la massa cristallina di rocce contrasta con le caratteristiche flessibili, oscillanti e cadenti delle fronde degli alberi che aprono il rotolo. Anche la luminosità della superficie rocciosa ci rivela che siamo in primavera: pur non essendoci un’unica fonte di luce le cui conseguenze siano raffigurate in modo scientifico, la roccia, qui più che in ogni altro punto del rotolo, è chiaramente diversificata in punti chiari, dove batte il sole, e punti molto scuri, in ombra. Sempre gli alberi, protesi a sinistra, ci invitano ad andare avanti.

primavera, particolare 2

Ora ci troviamo in un punto in cui dal sentiero possiamo dominare con lo sguardo un’intera vallata quasi completamente immersa nella nebbia, se non fosse per gli alberi e le case che all’improvviso compaiono sul primissimo piano. La nostra strada prosegue verso il fondo della composizione, scomparendo dietro ad una roccia a strapiombo (tipica di Sesshu, la ritroveremo ancora, sia in questo rotolo che in molte altre opere), combinazione di espedienti tecnici che a mio avviso stimola molto la fantasia e riesce a dare l’idea di profondità più di qualsiasi costruzione prospettica. Sullo sfondo si intravedono dei tetti, la presenza degli shibi (elementi decorativi situati sulla sommità dei tetti, sorta di pesci o mostri marini con le code rivolte all’insù, che da lontano sembrano corna) ci rivela che si tratta di case di nobili: forse è qui che conduce il sentiero, qui che si trova l’amico che il letterato deve raggiungere… ma tutto si perde nella nebbia, solo un altro breve accenno di rocce ed alberi sullo sfondo, e poi il vuoto. Il contrasto tra inchiostro denso e leggero e lo scomparire degli alberi alla vista, in questo punto sono realizzati con maestria e sortiscono l’effetto di grande godimento estetico. Tornando indietro con lo sguardo, ora che abbiamo lasciato il sentiero, possiamo concentrarci su ciò che si trova in primo piano: alberi e grandi case nobiliari che riusciamo ad esaminare nel dettaglio grazie al cambiamento del punto di vista; ci troviamo infatti ad osservare questa scena da una distanza elevata[7]. Le fronde degli alberi sono realizzate con inchiostro denso e punta larga, mentre le case sono delineate con precise linee sottili e scure.

primavera, particolare 3

Un altro po’ di nebbia sfuma questa scena per lasciare il posto ad una superficie rocciosa leggermente azzurrata su cui si trova un bellissimo gruppo di alberi, che sono più in primo piano e più grandi rispetto a quelli di prima poiché realizzati secondo un punto di vista piatto[8]; si tratta di due pini e di altri due alberi tipo ciliegio o susino. Il primo pino è leggermente sporto verso destra e sembra incorniciare la scena che lo precede, mentre il secondo, a fianco, è tutto proteso a sinistra e ci invita a proseguire il viaggio. Gli altri due alberi si trovano dietro la roccia, un po’ più in basso rispetto ai pini: il primo è ancora spoglio, o forse si tratta di un susino che, finita la fioritura, ora è carico di gemme; il secondo, forse un ciliegio[9], ha il tronco diverso dagli altri ed appare fiorito: probabilmente segna che la primavera sta ormai per finire.

primavera, particolare 4

Lasciata l’altura su cui si trovano questi quattro alberi scendiamo verso un gruppo di capanne di cui si intravedono solo i tetti poiché sono coperte dalla roccia ed immerse in una folta vegetazione, composta da svariati tipi di piante ed arbusti, non tutti precisamente identificabili ma realizzati secondo modelli stereotipi tradizionali cinesi. Sullo sfondo ancora rocce, ed un sentiero che si perde in mezzo ad esse. La capanna nella foresta è un celeberrimo topos della spiritualità orientale: rappresenta il raggiungimento della perfezione nella comunione tra uomo e natura e l’ideale di vita del saggio. Proseguendo il rotolo incontriamo altri alberi, ed una roccia meno aspra delle altre che abbastanza dolcemente digrada fino ad un ruscello, attraversato da un ponte di pietra su cui incontriamo due figure. Si tratta di un letterato con il suo servitore che procedono senza bagagli stranamente[10] verso destra: forse si tratta del padrone della capanna che abbiamo visto prima, che ritorna a casa dopo una passeggiatina (si capisce anche dal bastone che tiene in mano); oppure si stanno recando ad osservare il paesaggio da quell’ azumaya[11] che riusciamo ad intravedere, sfumato, in lontananza. Il ruscello che scorre, realizzato con la tecnica della riserva, cioè lasciando bianca la superficie, attraversandola però in questo caso con frequenti linee curve, contribuisce a rendere dinamico il paesaggio.

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[1] Prima dell’adozione del calendario solare avvenuta nel 1873, le stagioni in Giappone erano così suddivise: Haru, primavera, comprendeva i mesi di febbraio, marzo ed aprile; Natsu, estate, veniva in maggio, giugno e luglio; Aki, autunno, era in agosto, settembre ed ottobre; infine Fuyu, l’inverno, occupava i mesi di novembre, dicembre e gennaio. Il capodanno, Shinnen, cadeva all’inizio di febbraio ed era associato con l’inizio della primavera.

[2] Shimao Arata, autrice del libro Sesshu no “sansui chokan” fukei emaki no sekai de asobo!,cit.

[3] Cfr. nota 151

[4] Cfr. D.T. Suzuki Saggi sul Buddhismo Zen, cit., volume primo, pag. 259

[5] John Carter Covell Under the seal of Sesshu, cit. pag. 68.

[6] Ibidem, pag 69.

[7]Cfr. paragrafo precedente, nota num. 147

[8] Ibidem

[9] Anche se John Carter Covell, in Under the seal of Sesshu, cit., sostiene (pag. 54) che Sesshu non dipinse mai l’effimero ciliegio.

[10] Poiché la direzione in cui svolgiamo il rotolo e dirigiamo lo sguardo è destra-sinistra, solitamente in questo genere di pitture anche i personaggi che incontriamo vanno nello stesso verso.

[11]L’ azumaya è un luogo di sosta, riposo e contemplazione; specie di capanna di osservazione collocata in punti panoramici, molto presente ancora oggi sia in Cina che in Giappone. Ne incontreremo un’altra più avanti nel rotolo, collocata in primo piano e quindi ben descritta.


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