Un artista completo

Indubbiamente Sesshu fu un grandissimo maestro ed esercitò un ruolo chiave nella storia dell’arte giapponese. Come vedremo meglio nell’ultimo capitolo, egli ebbe un gran numero di discepoli diretti, alcuni dei quali a loro volta fondarono nuove scuole; abbiamo già detto nel paragrafo precedente che la sua esistenza servì ad emancipare l’arte e l’artista da vincoli contingenti per innalzare il tutto ad un livello superiore di libertà; contribuì alla diffusione della civiltà cinese ed allo sviluppo culturale del Giappone; riuscì ad essere contemporaneamente uomo dinamico e determinato ed artista geniale e pieno di talento, versatile ed esperto di molte diverse tecniche; inoltre, anche se nessuno può conoscere con certezza i segreti celati nel cuore di un altro uomo, si capisce che realizzò all’interno della profondità del suo essere l’illuminazione, con tutto ciò che ne consegue. Sesshu fu in grado di educare il suo naturale genio artistico dedicandosi alla filosofia Zen, all’arte dei giardini ed alla pittura ad inchiostro, attività in cui riuscì ad ottenere risultati eccezionali e della quale giunse a perfezionare ogni tecnica. Esistono infatti tre stili o tecniche fondamentali del suiboku-ga, che corrispondono anche a tre diversi tipi di calligrafia; in ordine di rapidità di esecuzione essi sono: shin, gyo e so.

Lo stile shin (formale) si può paragonare alla maniera occidentale di scrivere che chiamiamo stampatello: è una rappresentazione chiara, lineare, con dettagli, inchiostro soft arricchito da punti di colore e quasi sempre, tranne che in lontananza, linee di contorno a chiudere spazi mai completamente pieni. Sesshu utilizza questa tecnica nella maggior parte dei suoi paesaggi, ispirandosi allo stile dei Song meridionali ma aggiungendovi un tocco personale, costituito da una predilezione per le pennellate audaci ed uncinate e dall’accentuazione delle linee di contorno, che tracciava più larghe, con frequenti rotture ed angolazioni irregolari.

Lo stile gyo (semi-formale) rappresenta l’aurea mediocritas tra l’accurato shin ed il libero so: corrisponde al nostro corsivo ordinato, che nonostante sia più veloce dello stampatello riesce a mantenersi abbastanza dettagliato e regolare. Questa maniera tralascia solitamente il colore, considerandolo mancanza di finezza; predilige linee ondeggianti e curve, volumi arrotondati e movimenti larghi ed ampi realizzati con un pennello parzialmente asciutto. L’unità data dalla ripetizione delle pennellate rimpiazza la varietà che sarebbe invece data da colpi vibrati in varie direzioni. Spesso un paesaggio interamente realizzato in questo stile appare indistinto come se fosse visto attraverso una garza: nulla si staglia nettamente, ma prevalgono la tridimensionalità e tutti i volumi in generale.

Lo stile so (informale), infine, è estremamente rapido ed abbreviato, come la nostra scrittura in corsivo quando andiamo di fretta o quella delle ricette mediche per antonomasia. Suggerimento, allusione, velocità, informalità, apparente casualità ed oscurità sono le caratteristiche principali di questo modo di dipingere che si chiama anche hatsuboku (=inchiostro gettato, schizzato) o haboku (=inchiostro spezzato), perché in genere si inizia la pittura tracciando montagne, colline ed acqua con ampie pennellate di inchiostro molto diluito, e poi si aggiungono i vari dettagli con rapidi e decisi tratti calligrafici di inchiostro scuro. Tale metodo nacque in Cina sotto i Song Meridionali, ma per quanto riguarda il Giappone Sesshu è considerato il padre di questo stile, che prima di lui era conosciuto ma non veniva utilizzato, forse perché si tratta di una tecnica che, per quanto sia considerata la più bella, alta ed importante è anche difficilissima: anzi, è il più duro test sia per il pittore che per il fruitore dell’opera, occorrono grande sensibilità e capacità di sintonizzarsi poiché qui, molto più che in ogni altro tipo di opere d’arte estremo orientali, “Il non raffigurato è altrettanto importante di ciò che è raffigurato. Foschia e nebbia eliminano la tessitura della superficie, il dettaglio locale, il colore. Sebbene queste pitture siano eseguite con pochissimi colpi di pennello, ognuno di essi è denso di significato profondo. Non cercano una rappresentazione realistica e la loro principale qualità è qualcosa di diverso: una suggestione spirituale ed immaginativa di alta qualità. Non riproduzione del paesaggio ma epitome della natura come deve essere percepita in momenti interiori di fusione con l’eternità: raffigurando una parte queste pennellate intendono rappresentare il tutto, è un sistema di segni abbozzati che cerca di alludere all’armoniosa unità dell’universo.”[1].

Poiché padroneggiava tutti questi stili ed era molto abile a passare dall’uno all’altro con estrema facilità e fluidità, possiamo affermare che Sesshu fu un artista completo ed un grandissimo maestro; tanto più che, probabilmente, nessuno tra i suoi tre più famosi discepoli diretti[2] era abile nel praticare tutti gli stili contemporaneamente, e forse proprio per questo essi diedero vita a tre scuole, specializzate ognuna in una sola di queste tecniche.

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[1]John Carter Covell “under the seal of Sesshu”, cit, pag. 45.

[2] Shugetsu Tokan, Toetsu e Soen, cfr. capitolo settimo, ultimo paragrafo.


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