Paesaggi

Sicuramente il paesaggio era il soggetto favorito da Sesshu, e per fortuna possediamo un discreto numero di esempi, diversi per tecnica e formato, di opere di questo tipo.

MAKIMONO

Oltre al rotolo lungo delle quattro stagioni esistono altri due makimono: uno, sempre in stile shin, apparteneva alla famiglia Hara di Yokohama e si trova attualmente al Museo Nazionale di Kyoto; l’altro, in stile gyo, apparteneva alla famiglia Asano di Hiroshima ed ora si trova nel museo della prefettura di Yamaguchi. Il primo, che raffigura un paesaggio fluviale sul genere delle pitture di Xia Gui ambientate lungo il corso dello Yangtzi, è in stile shin ma meno dettagliato rispetto al rotolo Mori; contiene poche variazioni e si concentra solo su alcuni temi ricorrenti, risultando così più fluido, anche se i cambiamenti stagionali sono qui abbastanza netti. Quest’opera fu presa come modello da Kano Masanobu ed i suoi discendenti, e per quanto lo stile sia sempre lo shin, si notano abbastanza differenze tra questa scuola e quella Unkoku, che aveva come modello il rotolo lungo delle quattro stagioni (Mori). Il rotolo Asano, che è il più corto dei tre, è datato 1474 ed ha una storia un po’ particolare; solo metà di esso[1] infatti è originale di Sesshu, mentre il resto è una copia fedele realizzata da un artista della scuola Hasegawa[2] . Si racconta che un giorno un pover’uomo, anch’egli di nome Hasegawa[3], bussò alla porta del facoltoso Hosokawa Sansai (1563-1645)[4] mentre egli stava dando una festa, per vendergli questo rotolo che, appartenuto alla sua famiglia per un paio di generazioni, era la sua unica ricchezza. Hosokawa aprì il rotolo e vedendo che era abbastanza corto, decise di acquistarlo per dividerlo in due parti che potessero così venire appese alla parete[5]; tenne per sé il secondo pezzo, che conteneva la firma del venerabile Sesshu, e regalò il primo a Kinoshita Nobutoshi, che si trovava presso di lui per la festa. In seguito Nobutoshi fece eseguire una copia della parte che gli mancava e la aggiunse a quella in suo possesso per ricomporre il rotolo originale. Per quanto deprecabile, lo scempio di quest’opera d’arte fu la sua salvezza, poiché il pezzo appartenente ad Hosokawa andò distrutto in un incendio, mentre quello di Nobutoshi lo possiamo ammirare ancora oggi. La parte eseguita dal copista è debole, monotona, contiene forme convenzionali e stereotipate che ci lasciano intendere quanto molti dei continuatori di Sesshu non fossero dotati di talento naturale ma si limitassero a copiare la tecnica e le opere del maestro, spesso banalizzandole; il pezzo originale invece rivela tutta l’abilità di Sesshu nel maneggiare lo stile gyo, in quanto caratterizzato da morbida rotondità dei volumi, intensità drammatica delle pennellate e sottile uso delle sfumature e dei toni d’inchiostro. Il maestro realizzò questo dipinto per l’allievo Toetsu, aggiungendovi anche una dedica che intendeva fornire al giovane un modello cinese cui ispirarsi: “Viaggiando ho scoperto che lo stile di molti pittori cinesi seguiva quello di Gao Yanjing. Anch’io quindi ho dipinto in questo stile.” Gao Yanjing (1248-1310) era un pittore di paesaggio di epoca Yuan (Cina 1279-1368) che utilizzava punti umidi e velature, macchie di inchiostro per il fogliame ed i monti.

KAKEMONO

Il formato più utilizzato da Sesshu fu sicuramente il kakemono, anche se purtroppo ne possediamo pochi di sicura attribuzione su più di un centinaio che vantano la paternità dell’artista; mi limiterò qui a citarne alcuni tra quelli più accreditati, importanti ed interessanti di cui sono riuscita a trovare notizia nei (purtroppo pochi!) libri in lingua europea da me consultati.

Alcuni di questi rotoli verticali, praticamente gli unici su seta, raffigurano le quattro stagioni e furono realizzati da Sesshu mentre si trovava in Cina; è molto interessante notare le differenze che intercorrono tra essi e le opere che realizzò in Giappone dopo aver compiuto quel viaggio così importante per la sua carriera di artista. In particolar modo, i quattro kakemono conservati al Museo Nazionale di Tokyo, hanno un sapore tipicamente cinese, sia per quanto riguarda l’atmosfera generale che per la composizione e la tecnica; si intravede già Sesshu però nella concretezza delle rocce.

 estate e primavera

estate                                                  primavera

inverno ed autunno

inverno                                                      autunno

 Anche i quattro rotoli su seta che si trovano presso il Museo d’arte Ishibashi di Fukuoka furono probabilmente realizzati in Cina, però mi sembra che, rispetto ai precedenti quattro, le linee di contorno siano abbastanza accentuate, il tratto più grafico e deciso, gli elementi raffigurati più essenziali e gli alberi molto potenti e dinamici, tutti aspetti che caratterizzeranno in seguito lo stile personale, giapponese di Sesshu.

estate e primavera

estate                                               primavera

inverno ed autunno

inverno                                                    autunno

Famosissimi capolavori di sicura paternità del grande maestro sono due kakemono su carta, conservati al Museo Nazionale di Tokyo, raffiguranti autunno ed inverno, che furono concepiti probabilmente come gruppo di quattro raffiguranti le stagioni[6].  

autunno

autunno

inverno

inverno

Realizzati con un limpido stile shin, i due dipinti, mediante vigorose pennellate che disegnano le rocce ed un sapiente uso dei toni d’inchiostro per rendere la profondità, riescono a condensare, in un piccolo spazio e per mezzo di pochi elementi, la grandezza della natura e a darci l’impressione che la forte personalità dell’artista sia infusa nella sua opera.

Un altro kakemono[7], chiamato “autunno inverno”, è molto interessante per la sua composizione: la superficie è divisa in due parti, appena separate da un leggero banco di nebbia, di cui la prima, in basso, raffigura una scena autunnale, mentre la seconda, in alto, ritrae montagne innevate chiaramente invernali; in questo paesaggio, in cui le figure umane sono assenti, la natura, con le sue variazioni stagionali è l’unica vera protagonista e la sapiente suddivisione dello spazio sortisce l’effetto dello scorrere del tempo.

 autunno-inverno

Probabilmente esisteva anche il pendant di questo paesaggio, raffigurante primavera ed estate, ma non ne abbiamo notizia. L’opera, appartenente[8] alla collezione privata del conte Tanaka di Tokyo, contiene la firma ed il sigillo di Sesshu e la sua attribuzione al maestro è rinforzata dall’evidenza stilistica interna ma non da poesie allegate o documentazione indiretta.

Un kakemono, in stile so, è considerato il capolavoro assoluto di Sesshu: datato 1495, viene chiamato paesaggio haboku, cioè “ad inchiostro spezzato”, ed è un tesoro nazionale conservato al Museo Nazionale di Tokyo. 

 paesaggio haboku, intero

Il maestro lo realizzò all’età di settantasei anni, per l’allievo Soen che, dovendo separarsi da lui per tornare a casa, nella provincia di Sagami, gli chiese una piccola pittura come ricordo. L’opera è arricchita ulteriormente da alcune scritte autografe di Sesshu: in una egli affronta un discorso di carattere programmatico, affermando che i suoi maestri furono Josetsu e Shubun, ma che nonostante questo l’unica cosa cui bisogna far riferimento per ispirarsi è la natura che ci circonda; nell’altra parla invece dell’opera e dell’occasione in cui è stata concepita: “I miei occhi sono annebbiati ed il mio spirito esausto; non so cosa dipingere. Ma poiché la sua richiesta mi tocca nel profondo, ho impugnato il mio vecchio pennello e ho dipinto con inchiostro leggero.” Secondo i criteri compositivi Zen, probabilmente proprio questo essere completamente vuoto e privo di ispirazione consentì al maestro di realizzare un tale capolavoro, dettato solo dalla spontaneità, da un diretto contatto tra la natura e lo scorrere del pennello.

 paesaggio haboku, particolare

Pochissime linee precise ed essenziali ci suggeriscono la presenza in questo paesaggio di montagne, acqua, alberi, una locanda ed una barca: nessuno degli elementi è ben definito o immediatamente riconoscibile, tutto è appena accennato, sfumato, immerso nella nebbia. Questa pittura fu talmente celebre ed apprezzata già all’epoca di Sesshu che ad essa furono aggiunte, probabilmente quando Soen si fermò a Kyoto lungo la strada del ritorno a casa, ben sei poesie di elogio e meraviglia scritte da famosi monaci di quel periodo appartenenti ai monasteri Gozan.

Un altro kakemono sicuramente attribuibile a Sesshu, appartenente alla collezione privata della famiglia Ohara, raffigura un paesaggio cinese e ci ricorda moltissimo il rotolo Mori anche per quanto riguarda la tecnica e l’uso del colore; probabilmente fu dipinto dal maestro pochi anni prima della sua morte.

 kakemono ohara

Ad esso furono aggiunte due poesie scritte da Bokusho Shusho e Ryoan Keigo, poeti e monaci Zen molto amici di Sesshu; riporto qui la poesia di Keigo, composta dall’anziano monaco nel 1507, all’età di ottantatre anni, quando Sesshu era morto da appena un anno ed anche Bokusho era già deceduto: “Poesia e pittura sono le occupazioni di una vita, / ma dov’è che gli uomini vivono per sempre? / Vicino, le montagne si alzano in cielo con vette che puntano in alto aguzze come spade; / in lontananza, una spiaggia che disegna una curva e tonde dune di sabbia. / Il sentiero serpeggia sinuoso tra le rocce, su cui / se ne sta, solitario in mezzo ai pini antichi, un tempio. / Bokusho ha tramandato le sue poesie, ed anche Sesshu è morto. / Questa mancanza infesta il paesaggio e disturba il mio sogno di primavera.”

Esiste inoltre un particolare gruppo di pitture di paesaggio realizzate (alcune solo probabilmente) da Sesshu, raffiguranti vedute di paesaggi realmente esistenti. Anche se molti di questi dipinti non hanno un eccessivo valore artistico, sono tutti decisamente importanti da un punto di vista storico: essi non solo costituiscono un interessante documento per conoscere nel dettaglio luoghi che oggi sono completamente diversi, ma ci testimoniano anche quanto Sesshu fosse interessato al realismo, ad osservare la natura, a realizzare schizzi dei paesaggi che visitava come momento preparatorio indispensabile per la sua arte. Si tratta in maggior parte di famose località cinesi, che probabilmente Sesshu voleva descrivere nel dettaglio agli amici; l’aggiunta dei nomi di pagode, ponti, fiumi ecc.. toglie qualsiasi velleità artistica ai dipinti, rendendoli semplici mappe o disegni architettonici.

Una tra queste pitture però, assolutamente meravigliosa nonostante contenga toponimi, è annoverata tra i tesori nazionali del Giappone: si tratta di una veduta dall’alto di Amanohashidate, che l’anziano monaco realizzò intorno al 1501, verso la fine della sua vita.

 veduta di Amanohashidate

Questa località, tutt’ora esistente, si trova sul mar del Giappone, a nord di Kyoto, ed è molto celebre poiché annoverata tra i tre panorami (nihon sankei)[9] più belli del paese: Ama-no-Hashidate significa “ponte del cielo”, il nome di tutta la zona deriva infatti dal bellissimo ponte naturale che qui si può ammirare. Si tratta di una lingua di terra sabbiosa e ricoperta di pini, lunga tre chilometri e mezzo, che se non fosse per due canali chiuderebbe la retrostante baia di Miyazu rendendola un lago costiero. Sesshu trova il modo di farci ammirare, dall’alto, sia il ponte che il famoso punto panoramico di Kasamatsu-koen ( monte su cui si trovano ben trentatrè templi sia buddhisti che shintoisti, il più importante dei quali è ben visibile e colorato di rosso), costruendo la pittura come se chi osserva si trovasse sulla collina dalla parte opposta della baia, di cui ci disegna in primissimo piano il terreno e le rocce. Tutta la composizione è estremamente bilanciata, e la straordinaria abilità con cui il maestro ha qui utilizzato il pennello è immediatamente percettibile: possiamo ammirare la perfezione tecnica delle rotonde colline sullo sfondo, realizzate con poche, essenziali macchie grigie, e del modo in cui la città è resa tramite i tanti tetti delle case, piccoli colpi netti in mezzo alle chiazze dense degli alberi; la presenza di luoghi sacri è sottolineata dalla discreta presenza del colore rosso; bellissima è poi la spiaggia bianca, ricavata dal grigio diluito del mare mediante la tecnica della riserva, il cui candore viene risaltato dai nerissimi tratti che danno vita alla pineta. Questo capolavoro, conservato al Museo Nazionale di Kyoto, può essere considerato uno tra i più antichi esempi di un genere[10], quello delle vedute di luoghi celebri, che, nato già in epoca Heian, fu molto amato nel Giappone di tutte le epoche e diventerà assai popolare con la nascita delle stampe.

ALTRI SUPPORTI

Nella produzione artistica di Sesshu non potevano mancare sicuramente anche ventagli e fogli d’album, ma, anche in questo caso, attribuzione, datazione e storia del materiale che possediamo sono troppo incerte per poter considerare queste opere sicuramente del maestro.

BYOBU

L’ultimo, ma non meno importante, supporto artistico utilizzato da Sesshu è il paravento (byobu): oggetto fondamentale per l’arredamento delle case orientali, spesso veniva decorato con disegni di vario genere. Come vedremo in seguito, i paraventi di Sesshu che hanno per soggetto fiori e uccelli sono delle vere e proprie opere d’arte, capolavori rifiniti nei minimi particolari; quelli di paesaggio invece, all’epoca in cui visse il maestro non sempre erano apprezzati nei dettagli, e anche se venivano realizzati da grandi artisti (ci sono, ad esempio, dei bellissimi paraventi di paesaggio attribuiti a Shubun), non necessariamente occorreva dipingerli con la cura richiesta per le altre pitture, perché, essendo visti come oggetti di uso comune e non ancora come opere d’arte, non venivano osservati minuziosamente. L’effetto che l’artista intendeva raggiungere dipingendo un paravento di paesaggio quindi, anche a causa delle grandi dimensioni sia in altezza che in lunghezza di questo supporto, non era il godimento estetico conseguente ad un’accurata analisi da vicino, ma una grandiosa visione d’insieme. Personalmente trovo che i paraventi di paesaggio attribuibili a Sesshu che ho potuto ammirare in Giappone siano meravigliosi, anche se John Carter Covell sostiene[11] che la loro qualità artistica sia abbastanza scarsa e che l’importanza che hanno per la storia dell’arte risieda nell’essere stati comunque un modello per gli artisti successivi, che in questo caso superarono il maestro.

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[1] Purtroppo il primo pezzo, che non contiene né sigillo né firma di Sesshu,; per fortuna esistono però molte fonti indirette che ci possono testimoniare la storia di quest’opera e la sua appartenenza al maestro.

[2] Discepoli di Hasegawa Tohaku (1539-1610), artista che si ispirava a Sesshu dichiarandosi il suo discendente spirituale; ci fu una disputa tra Tohaku e Togan su chi dei due avesse il diritto di dichiararsi ufficialmente successore dello stile di Sesshu.

[3] Probabilmente era un discendente di Hasegawa Tohaku, il quale ricevette questo rotolo dai discendenti di Toetsu, uno dei primi discepoli di Sesshu, per il quale il maestro aveva realizzato l’opera.

[4] Hosokawa Tadaoke (1563-1645), detto anche Sansai, era un daimyo al servizio di Oda Nobunaga, famoso per la sua arte del tè (era amico ed allievo di Sen no Rikyu) e per essere marito di Garasha, convertita al cristianesimo e per questo uccisa tragicamente.

[5] Questo fatto ci testimonia ulteriormente come il makimono, già scarsamente utilizzato all’epoca di Sesshu, fosse un supporto artistico completamente fuori moda nel XVII sec.

[6] Cfr. Akiyama Terukazu Japanese painting, editions d’art Albert Skira, Ginevra, 1977 (opera consultabile anche sul sito: http://kaladarshan.arts.ohio-state.edu/studypages/internal/japan682/Ch6.htm)

[7] Le uniche notizie (che sono riuscita a trovare) riguardanti questo dipinto sono in Jon Carter Covell Under the seal of Sesshu, cit. pag. 78 e 135.

[8] La fonte da me utilizzata risale al 1941 e probabilmente questa notizia, che a differenza di altre non ho potuto riconfermare mediante altri testi, potrebbe non essere vera attualmente.

[9] lett.= tre grandi siti. Le altre due località panoramiche sono Miyajima (isola vicino ad Hiroshima, nella cui baia si trova il famosissimo torii in mezzo al mare del tempio Shinto Itsukushima-jinja) e le isole di Matsushima, a nord di Tokyo.

[10] Meisho-e (meisho=luogo celebre) è il nome di questo genere che immortala le vedute celebri ed i luoghi più belli del Giappone.

[11] John Carter Covell Under the seal of Sesshu, cit. pag. 88-89.


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